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Castel Goffredo, la capitale delle calze

L'industria italiana della calzetteria femminile si compone di circa 340 aziende; è il risultato di un processo di concentrazione, comune ad altri settori, che ha visto ridursi nel tempo il numero delle aziende a beneficio delle imprese che operano attualmente. Per capire l'importanza del settore in Italia, ma soprattutto quello che rappresenta nel mondo, è necessario ricordarne le origini. Nata negli anni Trenta in dimensioni modestissime, l'industria della calzetteria nel nostro Paese ha avuto uno sviluppo eccezionale dopo i primi anni post bellici, attraverso un percorso sempre all'insegna dello sviluppo, tanto da raggiungere in trenta anni la soglia produttiva di due miliardi di paia. II fatturato dell'industria di calze e collant, che si attesta su 2.200 miliardi di lire, è realizzato al 67% dalle prime dieci imprese.

La struttura produttiva

La struttura produttiva è, infatti, caratterizzata da un gran numero di piccole imprese e laboratori a gestione familiare, in genere specializzate solo in alcune fasi del ciclo produttivo: quasi la metà delle aziende ha meno di 10 addetti, la stessa proporzione fattura meno di 1 miliardo, e I'80% non supera 10 miliardi. Infine, quasi I'80% si occupa solo di una o due fasi della lavorazione. L'esportazione si e orientata negli ultimi anni verso i paesi extra comunitari, est europei, nord americani e del sud est asiatico: per molte ragioni, i consumi della vecchia Europa da tempo non attraversano più fasi d'espansione e molti mercati segnano pericolosamente il passo. La scoperta di nuovi mercati è la dimostrazione della capacità delle imprese italiane di affrontare nuove sfide e nuove forme d'internazionalizzazione.

II distretto

In quest'ambiente, per altro molto vitale e complesso, ha avuto e ha tuttora un peso decisivo il Distretto Industriale n° 12 della calzetteria femminile, conosciuto ai più come la zona di Castel Goffredo. Questo straordinario fenomeno collettivo, modello economico-produttivo unico in Europa e senz'altro nel mondo, ha interessato anche studiosi di altre discipline per i risvolti e le implicazioni sociali che ne hanno caratterizzato la nascita e lo sviluppo. Si sa che la struttura produttiva del distretto di Castel Goffredo s'identifica nell'integrazione orizzontale o territoriale, dove una rete fitta e minuta di piccole imprese, specializzate per fasi di lavorazione, contribuisce alla realizzazione del prodotto finito. D'altra parte, la complessità del comparto e l'affermazione di imprese dell'area divenute le più importanti del settore (Golden Lady, San Pellegrino, Filodoro, Levante, per citare solo alcuni nomi) hanno prodotto, negli ultimi anni, una tendenza alla verticalizzazione dell'impresa, cioè all'assorbimento all'interno di fasi in precedenza esterne. Se nel 1990 le imprese di Castel Goffredo che si occupavano al massimo di due fasi di lavorazione erano il 93% del totale, nel 1996 sono diminuite all'85%. Ma è comunque prevedibile che questo processo non raggiunga le estreme conseguenze, e che il "sistema" mantenga le doti di flessibilità e innovazione, connesse alle relazioni fra imprese specializzate. I cambiamenti intervenuti fra i due censimenti delle imprese di Castel Goffredo realizzati dal Centro Servizi Calza (1990 e 1996) riguardano la struttura delle aziende, il prodotto, la presenza diretta sul mercato e le scelte gestionali realizzate accanto a quelle auspicate. sensibile calo delle ditte individuali e delle società di fatto, a favore delle società di capitali, segna il cambiamento strutturale che investe anche le realtà distrettuali; dello stesso segno è la riduzione delle fasce di fatturato minori, il consolidamento della fascia media e la concentrazione delle aziende più grandi. Anche la dimensione aziendale media si accresce leggermente, ma non altera il tradizionale tessuto produttivo impostato sull'impresa familiare e sul piccolo laboratorio. Il segno dell'evoluzione del distretto trova una conferma nell'aumento del numero di imprese che accedono direttamente al mercato finale, che, dunque,devono dotarsi di strutture commerciali proprie. Questa decisiva scelta è stata adottata dal 26% delle aziende, mentre il 74% lavora ancora esclusivamente per terzi. Sono, dunque, circa 70 (rispetto alle 250 del distretto) le imprese che in tutto o in parte si propongono sul mercato: poche commercializzano un marchio altrui, mentre la maggioranza si presenta con un marchio proprio, con un'offerta originale e conseguenti scelte distributive.

La distribuzione

Quanto alla distribuzione, l'ingrosso è ancora il canale privilegiato, spesso, però, in combinazione con altri: quasi tutte le aziende (89%) utilizzano il grossista e il dato non sorprende, perché questo canale distribuisce il 52% della produzione nazionale. Ma altre forme di distribuzione sono importanti per queste imprese: la grande distribuzione con il 45%, il dettaglio con il 36%, oltre ad altre combinazioni. In ogni caso, la situazione distributiva mostra segni di evoluzione: rispetto alla rilevazione del '90, quando il 26% delle imprese utilizzava solo il grossista, la diversificazione dei canali utilizzati é molto più articolata. Anche il quadro dei rapporti internazionali mostra la vivacità delle imprese del comprensorio. E se Francia, Spagna, Polonia, Germania e Grecia sono i mercati frequentati in varia misura dalla maggioranza delle aziende, la vocazione all'esportazione sembra occupare una posizione prioritaria nelle opzioni strategiche degli imprenditori: tra quanti attualmente esportano, in larga misura l'obiettivo è il potenziamento dei mercati acquisiti o la penetrazione di nuovi mercati. Altro elemento di specificità del distretto è la tipologia di prodotto, anzi di monoprodotto, solo donna. E' vero che la percentuale di chi opera sul monoprodotto è scesa dal 92% al 65%, ma la diversificazione avviene con una scelta sinergica, ovvero lo sviluppo di articoli per bambina. Sul piano del livello di qualificazione del prodotto, il dato più rilevante è il sensibile aumento delle aziende che fanno esclusivamente prodotto moda, coerentemente con il trend di mercato e con il vissuto attuale della calzetteria da parte delle donne. Le imprese più attente al mercato si collocano nelle fasce medio fine, fine e moda, vale a dire segmenti idonei a coperture distributive ampie, fuori dalla bagarre del primo prezzo, e più ricettivi rispetto all'evolversi del gusto. Gli investimenti tecnologici hanno sensibilmente influenzato l'evoluzione strutturale delle imprese, accentuandone !e caratteristiche di flessibilità e qualità, che tanto hanno contribuito alla crescita dell'intero distretto. Le macchine circolari, per fare un esempio, in pochi anni sono aumentate del 40%, e oggi quasi la metà degli impianti è di tipo evoluto. Anche la confezione, fase delicata per l'immagine e per i servizi alla distribuzione organizzata, e passata dalla soluzione manuale a quella automatizzata, ed è stata assorbita nel processo di integrazione aziendale. E veniamo al futuro. Le opzioni strategiche che porteranno il distretto nel nuovo millennio privilegiano tre campi: investimenti produttivi sugli impianti tesi alla razionalizzazione del ciclo; investimenti commerciali per favorire l'esportazione; investimenti sul prodotto per ampliare la gamma dell'offerta. Senza dimenticare che il processo di integrazione verticale continua senza soste. E' un processo che va nella direzione contraria alla matrice originaria del distretto, ma risponde alle esigenze dei grandi gruppi, ormai obbligati dalle vicende di mercato a controllare direttamente quante più fasi possibili della lavorazione.

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